"Tutto cambia al di là di queste mura.
Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla"

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Che idea ti sei fatto di Guido Tommasi, il protagonista de Il baco e la farfalla, e quali sentimenti hai provato nei suoi confronti dopo aver appreso e deciso di narrare la sua storia?

Guido è un testardo, capace di morire e rinascere infinite volte. Un po’ matto, ma tutto sommato un buono. Quando lo incontrai per la prima volta, nel 2006, ascoltando il suo racconto provai una sensazione di solidarietà e tenerezza. Avevo di fronte un baco che, nonostante le incredibili vicende della sua vita, non aveva ancora rinunciato a trasformarsi in farfalla.
 
La storia narrata ne Il baco e la farfalla è piena di colpi di scena e drammatici risvolti spesso dettati oltre che da un destino avverso anche da una serie d’imprudenze, hai qualcosa da biasimare al protagonista?

Ha inseguito la vendetta, provando a rimarginare una ferita. Non solo non ci è riuscito, ma ne ha aperto di nuove. Eppure è davvero difficile giudicare dall’esterno, non riesco a calarmi nei panni di Guido bambino, vittima di tante ingiustizie. Forse, se proprio devo muovergli una critica, riguarda il comportamento che ha tenuto con i propri figli. Da uno come lui, con quello che aveva subito da piccolo sulla propria pelle, appare incomprensibile il fatto che abbia rinunciato a sapere cosa ne sia stato di loro.
 
Ne Il baco e la farfalla affronti un tema delicato e complesso come il sovraffollamento delle carceri e le pessime condizioni di detenzione, cosa ne pensi a riguardo e quale potrebbe essere secondo te la strada da intraprendere per arginare questo turpe fenomeno?

La situazione delle carceri in Italia è vergognosa. Attualmente vi si trovano 68.000 detenuti per una capienza massima di 44.000. Il 40% è in attesa di giudizio e quasi la metà sarà riconosciuta innocente. Secondo le direttive europee, in Italia tre carceri su quattro sono illegali per quanto riguarda lo spazio nelle celle a disposizione di ogni detenuto.

L’indulto si è rivelato una soluzione puntuale che a breve distanza di tempo ha mostrato tutti i suoi limiti. Alcune soluzioni percorribili potrebbero essere:

1) sostituire, quando possibile, i servizi sociali e i lavori socialmente utili alla pena detentiva (statisticamente si abbassa dal 70% al 25 % il livello di recidiva)

2) accelerare i tempi della giustizia

3) depenalizzare i reati minori

4) aumentare il personale che lavora in carcere
5) sostenere tutte le associazioni e cooperative che si occupano dei detenuti

6) creare nuovi penitenziari (meglio se sfruttando strutture già esistenti)


Nel tuo libro apri anche una piccola parentesi su un altro fenomeno vergognoso e scottante come i pestaggi da parte delle forze armate e purtroppo sono recenti e dolorose le vicende di Giuseppe Uva, Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi. Che idea ti sei fatto a riguardo?

Episodi come quelli da te ricordati fanno aumentare la distanza tra i cittadini e le forze dell’ordine, con un inevitabile calo di fiducia dei primi nei confronti di chi dovrebbe garantire l’incolumità e la sicurezza. Il tutto è alimentato dall’omertà che regna all’interno dei vari corpi di polizia, un atteggiamento che trasmette a chi indossa la divisa la sensazione di godere di una certa impunità. Senza trasparenza, senza certezza di poter punire i responsabili degli abusi, la fiducia continuerà a diminuire e il prezzo che la società si ritroverà a pagare sarà sempre più caro.
 
Sei uno dei tanti “cervelli in fuga” italiani, spiegaci come vedi attualmente l’Italia e come prevedi il suo futuro?

La situazione è drammatica. La disoccupazione giovanile ha raggiunto livelli insostenibili. Mi domando cosa accadrà quando i precari di oggi diventeranno i pensionati senza pensione di domani. A fronte di una speranza di vita che aumenta, diminuisce quella di una vita sana. In altre parole, si vive più a lungo ma ci si ammala prima. Un dato su cui riflettere, che determina un costo sociale enorme. Il rischio di una catastrofe sociale è altissimo. Bisognerebbe andare nella direzione in cui si lavora meno, con una giusta retribuzione, ma si lavora tutti. Non è vero che i soldi non ci sono, semplicemente sono in mano a pochi, e il prezzo della crisi è stato pagato maggiormente da chi i soldi non li aveva o ne aveva pochi. Sinceramente, e lo dico con la speranza di sbagliarmi, per il paese vedo un futuro oscuro.
 
Chi è Diego Repetto e quali sono i suoi scrittori e le sue letture di riferimento?

Sono prima di tutto un padre e un marito felice, che ha la fortuna di fare un lavoro che rappresenta lo sbocco naturale dei miei studi. Sono fisico di professione, ma vorrei in futuro riuscire ad avere molto tempo a disposizione da dedicare alla scrittura. Non mi ispiro a nessun scrittore in particolare, ma tra gli autori che più apprezzo o ho apprezzato metterei Puig, Soriano, Saramago, Carlotto, Chacón, Muñoz Molina, Cacucci, García Márquez.

By Chiara Ruggiero su http://www.librofilia.it/

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