"Tutto cambia al di là di queste mura.
Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla"

venerdì 30 settembre 2016

Divide et impera

Succede che un giorno devi prendere un treno per andare a fare una visita medica. Succede anche che proprio quel giorno le ferrovie hanno indetto uno sciopero. Dopo alcune imprecazioni, prevale il senso di solidarietà con i lavoratori: se scioperano, avranno le loro buone ragioni per farlo. Non ti scoraggi e guardi sul sito delle ferrovie per avere delle informazioni. Vieni accolto da un messaggio particolarmente irritante: le Frecce circoleranno regolarmente. Ecco, pensi, hanno già deciso a chi deve dare fastidio questo sciopero: alla povera gente che non si può permettere le Frecce e ai pendolari, considerati dai vertici di Trenitalia una clientela di serie B (pur essendo la maggioranza dei viaggiatori, 2 milioni (!) al giorno, mentre nell'intero 2013 sulle Frecce hanno viaggiato "appena" 42 milioni di persone). Del resto la penalizzazione dei pendolari è in corso già da parecchi anni, e ha avuto un'impennata grazie soprattutto al buon Moretti (tuttora in attesa di giudizio per la strage di Viareggio), che dopo aver fatto un pessimo servizio al trasporto pubblico su rotaia (con il risanamento dei conti come unico obiettivo) è stato promosso in Finmeccanica. E il futuro non si prospetta migliore, visto che Renzi ha appena presentato un piano per privatizzare le Frecce, facendole però viaggiare su binari pubblici (in pratica, socializzare le perdite e privatizzare i profitti).
Ma torniamo allo sciopero. Cerchi di scacciare l'irritazione e vai alla ricerca di informazioni: sul sito di Trenitalia c'è un bell'elenco dei treni che saranno cancellati. Ti rallegri per la trasparenza dell'informazione e per il fatto che il treno che devi prendere la mattina successiva non compare nell'elenco. Ti svegli all'alba, vai in stazione e scopri che il tuo treno è stato cancellato. Viaggio rimandato (non c'è modo di arrivare a Voghera in tempo per la coincidenza) e visita medica saltata.
Mentre ti accingi alla trafila burocratica per recuperare almeno i soldi del biglietto, pensi che in fondo è tutto "normale". Perché stupirsi e indignarsi? Le cose funzionano così. Da sempre, chi detiene il Potere fa di tutto per mettere i poveri contro i poveri. Scannatevi tra di voi, che io me ne sto beato a godermi la mia ricchezza, il mio benessere, il mio Potere.
Succede nel mondo del lavoro (pendolari contro scioperanti).
Succede nel mondo della finanza, dove le banche (salvate con i soldi di tutti, anche dei poveri) fanno credito solo a chi non ne ha realmente bisogno, mentre se non possiedi nulla devi sgomitare, più contro che insieme, con gli altri poveri, per sbarcare il lunario. Il Nobel (per la pace, mica per l'economia!) a Yunus per il microcredito è stata una bella cosa, ma nel mondo occidentale non è cambiato nulla e non è stato importato quel modello (almeno nella finanza tradizionale).
Succede nel mondo dell'immigrazione, con l'abietta divisione tra migranti economici (serie B) e migranti politici (serie A).
Poveri contro poveri, il tutto con l'intento di distogliere i cittadini dal punto verso cui dovrebbero indirizzare la propria rabbia, la propria frustrazione, la propria indignazione. Il punto in cui è concentrato il Potere. Potere che, tra l'altro, fa di tutto per mantenere il popolo nell'ignoranza, obiettivo facilmente perseguibile dato che il Potere controlla i grandi mezzi di (dis)informazione.
Un esempio geniale della malafede dei media si può ritrovare sul Corriere (ma la notizia è apparsa anche su Repubblica, Il Fatto, Avvenire e altri). Qualche settimana fa sul quotidiano milanese (principali azionisti: Urbano Cairo (Cairo Communication-RCS), Mediobanca S.p.A, Diego Della Valle, Finsoe S.p.A. (Unipol), China National Chemical Corporation) si sono scandalizzati perché in un ospedale nel nord del Venezuela i bambini vengono messi in scatole di cartone. Poveri bambini venezuelani! Quale occasione migliore per sparare a zero su uno dei tanti "regimi" latinoamericani che (con tutti i loro limiti, n.d.a.) si oppongono al neoliberismo? Oppure (tutto è possibile) non sarà per caso invidia? Ma come, laggiù, con tutti i problemi che hanno, c'è un boom di nascite, mentre qui da noi (che invece stiamo benissimo e non abbiamo nessun problema) dobbiamo inventarci il "fertility day"!
Dove sta la malafede, vi starete domandando? Qualche anno fa (giugno 2013), sullo stesso giornale, si era sprecato inchiostro per elogiare la tradizione finlandese che prevede che tutti i neonati vengano messi per i primi mesi di vita in scatole, pardon, culle di cartone, sostenendo che tale pratica possa perfino ridurre la mortalità infantile (vedi link di seguito) e, udite udite, promuovere l'idea di uguaglianza tra i neonati (questo refuso che "inneggia al socialismo" deve essere sfuggito al revisore dell'articolo). Che fortunati i bambini finlandesi!
In fondo (e purtroppo) si può tranquillamente affermare, con il permesso di Remarque, che non c'è "niente di nuovo sul fronte occidentale": mantieni il popolo nell'ignoranza e, soprattutto, divide et impera.

Gli articoli sul Corriere:

mercoledì 21 settembre 2016

Figli "imperfetti" di genitori "perfetti"

Philip Roth, nel suo libro forse più famoso (Pastorale Americana), descrive magistralmente l’impotenza di un padre “perfetto” nei confronti di una figlia “imperfetta”. Seymour Levov, lo "Svedese", si tormenta alla ricerca di un errore che non riesce a trovare. Disperato, ripercorre a ritroso la vita della sua famiglia, analizza in dettaglio situazioni più o meno importanti, scandaglia l’infanzia e l’adolescenza di sua figlia. Inutilmente. È sempre stato un padre presente, tenero, paziente. Ha ascoltato la figlia quando c’era da ascoltarla, l’ha assecondata nei suoi desideri, senza tuttavia viziarla. Le ha trasmesso dei valori morali e sociali. L’ha fatta studiare. Eppure, ne è convinto, deve esserci stato un momento in cui tutto si è guastato. Una causa che ha determinato la devianza, che l’ha portata, in segno di protesta contro la guerra in Vietnam, ad ammazzare quattro persone, quattro vittime innocenti.
Il libro, soprattutto per chi è genitore, è piuttosto angosciante. E ancor più per chi ha dei figli ancora piccoli. Nessuna delle scelte che si compiono per i figli è casuale. Quello che si dà loro da mangiare, la scuola in cui li si iscrive, lo sport che gli si propone di fare, le regole che si decidono di avere in casa e fuori, quando essere più comprensivi e quando invece più intransigenti. E tutto pensando che ogni scelta possa rappresentare il meglio per loro, per il loro presente e per il loro futuro. Un futuro, però, del tutto ignoto. Alzi la mano chi non ha desiderato almeno una volta una sfera di cristallo per poter dare una sbirciatina ai propri figli tra dieci o quindici anni. A volte diciamo con Chiara che i nostri figli da grandi si lamenteranno con lo psicologo per le troppe minestre mangiate o per non aver avuto la televisione. In verità coltiviamo la speranza che quelle scelte, insieme a tutte le altre, possano davvero rappresentare il meglio per il futuro dei nostri figli. La realtà, invece, è che per quanto possiamo impegnarci a fare quello che reputiamo migliore per loro (e già qui ci sarebbe da discutere sulla soggettività delle scelte), ci sarà sempre la possibilità che le cose non vadano nel modo sperato (dove per “non sperato” non mi riferisco a una laurea in lettere piuttosto che in filosofia). Un futuro, quello dei nostri figli, che ci auguriamo di un certo tipo, ma che non possiamo prevedere, e su cui abbiamo un controllo più limitato di quanto crediamo.
In fondo (e, aggiungerei, per fortuna), l'influenza esterna è inevitabile. Matteo, che non ha mai sentito parlare di calcio in casa, un giorno è tornato dall'asilo e mi ha domandato: "Papà, cosa vuol dire che la Juventus fa schifo?". L'esperienza al di fuori dell'ambito famigliare è necessaria per allargare gli orizzonti (si spera non solo quelli calcistici!). Dobbiamo quindi rassegnarci e rinunciare alle scelte che facciamo "per il bene dei nostri figli"? Non credo. L'educazione che diamo ai nostri figli serve proprio per fornire loro gli strumenti per sapersi muovere in un mondo dagli orizzonti più ampi. Non dobbiamo temere l'influenza esterna, purché i figli non ci sostituiscano, come figura di riferimento, con un loro coetaneo. In questo caso le conseguenze possono risultare tragiche, come ci ricordano Gordon Neufeld e Gabor Maté nel bel libro "I vostri figli hanno bisogno di voi". Che poi è, in parte, quello che succede a Merry, la figlia di Seymour Levov.
Non possiamo pensare di plasmare, con le nostre scelte, il figlio "perfetto", per il semplice fatto che il figlio "perfetto" non esiste. Ma non solo. Dobbiamo anche essere pronti ad affrontare la realtà di un figlio "imperfetto", senza per questo trascorrere il resto della nostra vita a ricercare un errore che quasi certamente non riusciremmo a trovare. Non perché di errori non ne abbiamo commessi. Al contrario, le giornate trascorse con i nostri figli sono costellate di sbagli, di cose che avremmo potuto fare diversamente e, in molti casi, meglio. Sarebbe una ricerca priva di senso per il semplice motivo che, inevitabilmente, ignoriamo gran parte di ciò che ha influenzato e che influenzerà la vita dei nostri figli.

lunedì 5 settembre 2016

Lejla e Hamid ad Alessandria!

Dopo la pausa estiva, Lejla e Hamid riprendono il loro viaggio per l'Italia per incontrare i lettori.
E questa volta si mangia anche! Vi aspetta un invitante menù di piatti cucinati con prodotti locali.
Sabato 10 settembre, alle 19.45, presso Casa Manuelli, via Quaglia 19, San Michele Alessandria.