Sei nato in Liguria,
ma i tuoi studi e il tuo lavoro ti hanno portato lontano da casa.
Vivo a Valencia da cinque
anni; prima di arrivare in Spagna ho studiato e fatto il ricercatore
in Svizzera e in Germania, a Stoccarda.
Per i giovani d’oggi
andare via dall’Italia sembra essere l’unica speranza per trovare
un lavoro. C’era lo stesso imperativo quando tu hai deciso di
partire? Cosa è significato per te lasciare tutto?
Premetto che a portarmi
in Spagna è stato il lavoro. Sono andato via sapendo dove andavo e
cosa andavo a fare; godevo in qualche modo del privilegio di avere
una certezza. In Italia c’erano - come d’altronde tuttora -
scarse opportunità per i ricercatori. La Spagna invece investiva
molto, erano sorti svariati centri prestigiosi. All’inizio vivere
in una società diversa non è stato facile, ma l’esperienza si è
rivelata presto stimolante e davvero entusiasmante. In più ho avuto
la fortuna di non essere mai stato solo: ho conosciuto mia moglie a
Stoccarda, poi abbiamo viaggiato insieme ed infine lei ha deciso di
seguirmi a Valencia. Per rispondere alla domanda circa l’andare via
oggi, dico che, per quanto la crisi dilaghi un po’ ovunque (la
Spagna, in particolare, ne è stata duramente colpita), guardarsi
intorno è necessario. La situazione italiana è tragica; certe
condizioni sono inaccettabili.
Pensi mai al ritorno?
Sono molto legato
all’Italia. Sono contento ogni volta che ci torno; ho ancora molti
amici qui, le mie radici. Comunque in Spagna sto bene. Non escludo di
tornare, ma non ho fretta.
Sei un uomo di
scienza, ma anche un romanziere. Che rapporto hai con la scrittura?
Scrivere mi piace molto,
da quando ero piccolo. Ho sempre cercato di coltivare questa
passione, di tenerla viva: quando ero a Stoccarda, per esempio,
scrivevo molte lettere agli amici lontani.
Com’è nata l’idea
di questo tuo primo libro?
L’idea è nata un po’
come un gioco e in un giorno preciso: la vigilia di Natale del 2006.
Chiacchieravo con mia madre che mi raccontava delle storie della sua
famiglia. In queste vicende di vita un personaggio in particolare
aveva un ruolo di rilievo: un suo fratellastro, a me fino ad allora
sconosciuto. La sua era una vita incredibile. Mi è venuta voglia di
conoscerla tutta, e raccontarla. Mi affascinava.
Come ti è stata
raccontata questa “vita incredibile”?
Ho incontrato mio
zio che, in un pomeriggio, mi ha raccontato la storia della
sua vita dal ’43 ad oggi, con una memoria incredibilmente precisa.
L’ho registrata e poi sbobinata. Per la stesura del testo - in cui
gli eventi sono tutti veri, seppur romanzati - ho impiegato tre
anni.
Cosa ti ha colpito
maggiormente di questi racconti?
Scoprire un lato
sconosciuto della mia famiglia è già stato di per sé molto
interessante. La mia vita e quella di mio zio non si sono
intrecciate; in questi racconti nulla mi ha toccato come qualcosa di
comune a noi due; tuttavia la condivisione di questa storia è stata
emozionante e piacevole per entrambi. Ciò che mi ha colpito forse
maggiormente sono stati i ricordi dell’esperienza del carcere
(parliamo degli anni ’60). Le condizioni nelle prigioni oggi,
purtroppo, non sono migliorate; la situazione pare anzi drammatica:
dal 2000 ben seicento detenuti si sono tolti la vita.
Quando gli hai detto che sarebbe diventato il protagonista del tuo romanzo? Cosa
ne pensa del lavoro finito?
Ho comunicato a mio zio
l’idea di scrivere la sua storia il giorno stesso in cui l’ho
incontrato. Cosa pensi del libro ancora non lo so,
gliene ho donata una copia poco fa. Sono molto contento che oggi sia
qui.
Il titolo
incuriosisce. Chi sono o cosa rappresentano per te il baco e la
farfalla?
La farfalla e il baco
sono, estremizzando, le due condizioni opposte degli individui nella
nostra società: gli uni, quelli che si sono realizzati, hanno
“spiccato il volo”; gli altri, quelli che hanno incontrato
maggiori difficoltà per via di circostanze avverse della vita e del
loro destino, non possono “volare”. Il protagonista del romanzo per gran
parte della sua vita è stato un uomo perseguitato dalla sfortuna.
Solo negli ultimi anni ha trovato un certo equilibrio.
Sei giovane, stai per
diventare padre la seconda volta, fai il lavoro che ami e hai anche
realizzato il tuo sogno di scrivere un libro. Ti senti un po’ una
farfalla?
[Sorride]. Sto vivendo un
momento particolarmente sereno. Sono soddisfatto e, se dovessi
tornare indietro, rifarei tutte le scelte che ho fatto. Mi sto
godendo la mia famiglia; sto anche iniziando a scrivere un altro
libro. Sono felice, sì.
By Flaminia Bonelli
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