"Tutto cambia al di là di queste mura.
Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla"

mercoledì 28 ottobre 2015

Mr Coltan

Entro nei bagni dell'aeroporto e mi guardo allo specchio, come faccio ogni volta che torno a Londra. Non c'è traccia di Africa sul mio volto. Meglio così, non c'è niente di quello che vedo e che sento durante i miei viaggi che vorrei mi restasse addosso. Vero, c'è la coscienza, ma quella è da tempo che non si sporca più, da quando sono riuscito a convincere me stesso che in fondo sto svolgendo solo il mio lavoro, quello che mi viene chiesto di fare e per cui sono pagato. E vaffanculo i bimbi soldato, gli stupri e gli 8 milioni di morti degli ultimi 20 anni nel Kivu. Con certe cose io non c'entro nulla. A me interessa solo il prezzo del coltan.
Prendo il cellulare, lo rigiro tra le mani. È anche grazie all'azienda per cui lavoro che adesso la batteria di questi aggeggi dura così tanto. Il tantalio fa miracoli. E noi i soldi. La prossima settimana ci sarà una festa. Siamo entrati a far parte delle cinquanta economie più importanti al mondo, abbiamo superato il PIL del Cile e l'anno prossimo, se il mercato regge, ci metteremo alle spalle anche la Finlandia.
Non so se chiamare Beth e dirle che sono arrivato. No, le farò una sorpresa. Le porterò dei fiori, a lei piacciono tanto. Anche se non ho mai capito il suo entusiasmo, li mette in un vaso e poi li fa marcire, non cambia l'acqua nemmeno una volta. Sono stanco, ho bisogno di riposare. Non vedo l'ora di arrivare a casa e abbandonarmi sul divano, sorseggiando il tè. Mette a scaldare l'acqua appena entro in casa. Povera, è sempre così premurosa. Se sapesse che ogni volta che arrivo in albergo a Kigali mi fanno trovare un paio di ragazze in stanza. Così ti ambienti e ti rilassi, mi disse la prima volta Mbeku, il mio contatto in Rwanda. Penso ci rimarrebbe male, ma poi se ne farebbe una ragione. In fondo anche lei sa che tra noi c'è grande affetto, ma la passione è sopita  ormai da tempo. Con quelle ragazze ci faccio sesso, che con Beth ormai lo si fa una volta al mese se va bene, ma tutto finisce lì, in quella stanza d'albergo. Mezz'oretta di divertimento, che male c'è.
 
Due giorni dopo
 
Ieri sera ne ho parlato con Paul al pub e lui mi ha chiesto come avrei reagito se Beth si fosse divertita un po' durante le mie assenze. Solo un po' di sesso, nulla di più. Mi sono scolato mezza pinta prima di rispondere. Guarda, gli ho detto, non riesco proprio a immaginare Beth che fa sesso con qualcun altro, ancor meno per divertimento, ma se ciò dovesse succedere mi incazzerei come una bestia. Ecco, ogni tanto parlare con gli amici fa bene, ti aiuta a riflettere. Stamattina ho scritto a Mbeku: niente ragazze il prossimo viaggio. Un po' mi dispiace, sarà tutto più noioso, ma in fondo Paul ha ragione. Beth mi vuole bene davvero, non si merita che la tradisca. Ho già deciso cosa le porterò dal mio prossimo viaggio. In un mercato di Bukavu c'è un tizio che vende fiori intarsiati nel legno. Sono belli, le piaceranno. E non hanno bisogno che gli si cambi l'acqua.

martedì 20 ottobre 2015

Lejla e Hamid tornano a Genova

Su Lejla e Hamid questa volta splende il sole!
Vi aspettano alla libreria I Limoni venerdì 23 ottobre alle 18.30.
Con rinfresco finale :)
 

mercoledì 14 ottobre 2015

giovedì 8 ottobre 2015

Disintegrazione sociale

Ha ragione Hamid quando dice:
"Voi italiani non vi interessate molto a noi stranieri. Noi sappiamo tutto delle vostre vite, dei vostri gusti, delle vostre abitudini, voi invece non sapete niente di noi. Cercate sempre di stare lontani, dite che non vogliamo integrarci, ma in realtà chi ha paura di integrarsi siete voi".
È vero, sappiamo poco o nulla delle persone che tentano di raggiungere l'Europa, come se le loro vite iniziassero sui barconi tra le onde del Mediterraneo. Da cosa fuggono? Perché? C'è una guerra nel loro paese? Le persone possono studiare? Hanno da mangiare? C'è libertà di espressione? Nel loro paese c'è una democrazia o una dittatura?
Eppure nei loro confronti abbiamo delle responsabilità storiche, politiche, climatiche che non possiamo eludere.
Diciamo che è anche un po' colpa nostra se negli ultimi 25 anni nel Mediterraneo sono affogate 25.000 persone. Numero ricorrente il 25. Sono infatti 25 i miliardi di € spesi dal 2000 ad oggi per la detenzione e il respingimento dei migranti, con scarsi risultati. Onestamente, un fallimento totale. Del resto i migranti ci sono sempre stati (noi italiani deteniamo il record mondiale) e sempre ci saranno. E non potrebbe essere altrimenti, visto lo squilibrio tra le condizioni di vita esistenti tra i paesi di partenza e quelli di destinazione e la sempre maggiore concentrazione del potere economico e finanziario nel “Nord”.

Purtroppo la situazione non migliora. Il 2016 produrrà il record della disuguaglianza economica mondiale, con l’1% della popolazione più ricca dell’altro 99%.
L’Unione Europea pochi mesi fa non è riuscita a mettersi d’accordo per redistribuire nei 28 paesi membri 40.000 rifugiati in due anni: 40.000! Nel 2013, Pakistan, Iran, Libano, Giordania, Turchia, Kenya, Ciad, Etiopia (8 Paesi, non certo più ricchi degli stati europei), da soli, ne hanno accolti circa 5 milioni e mezzo.
Non solo. Dai media ci è stato presentato come un esodo straordinario, un'invasione, con l'unico risultato di fomentare, se mai ce ne fosse bisogno, la xenofobia.
Perché non ci hanno detto che l’anno scorso gli italiani che sono emigrati sono stati in numero maggiore degli stranieri che sono giunti nel nostro paese?
Perché non ci hanno detto che, oltre a chi fugge da fame e miseria, ci sono stranieri che creano posti di lavoro? Che se guardiamo ai cognomi di titolari di nuove aziende registrate in Lombardia nel 2015, ai primi 4 posti troviamo cognomi stranieri?
Forse perché è più facile alimentare la paura nei confronti del "diverso" che lavorare per un cambiamento culturale che vada verso una reale integrazione.
Come ci ricordano Gordon Neufeld e Gabor Maté, l'integrazione sociale è molto più che il semplice stare insieme o andare d'accordo; la vera integrazione sociale richiede non solo di sapersi unire agli altri, ma di saperlo fare senza perdere la propria individualità e la propria identità.
In Italia, purtroppo, abbiamo ancora molta strada da fare.