"Tutto cambia al di là di queste mura.
Qui invece tutto resta uguale, cristallizzato. Siamo un baco che mai si trasformerà in farfalla"

giovedì 19 giugno 2014

Tobias e Miguel

Tobias vive a Losanna, ha 8 anni e un sogno nel cassetto: diventare un giorno il centravanti della nazionale di calcio del suo paese. Ogni giorno, finiti i compiti, indossa la maglietta della squadra della sua città, si allaccia con cura le scarpe con i tacchetti che i suoi genitori gli hanno regalato per il suo ultimo compleanno, prende il pallone e si avvia sorridente verso il parco giochi, dove sul prato lo aspettano i suoi amici. Tobias ha un problema. Vorrebbe giocare in attacco, ma i suoi compagni lo mettono sempre in porta. Se ne approfittano perché sono più grandi. La scena si ripete uguale ogni giorno. Tobias protesta un po', loro minacciano di non farlo giocare, e dopo qualche minuto si avvia mesto tra i pali. Finita la partita fa ritorno a casa, con le sgridate per i gol subiti che ancora gli rimbombano in testa, covando la speranza che l'indomani gli verrà concesso finalmente di giocare in attacco. E allora sì che potrà mostrare a tutti quanto è bravo.

Miguel vive a San José, un paesino vicino alla Sierra. Miguel ha 8 anni e ha smesso di sognare quando il giorno del suo settimo compleanno il padre è stato ammazzato dai militari. Stava partecipando a una marcia in difesa dei diritti dei contadini. Chiedevano la restituzione delle terre che erano state espropriate dal Governo e vendute a una multinazionale svizzera. Sei persone erano morte quel giorno, sei persone a cui non era stato dedicato nemmeno un trafiletto sui giornali di Losanna. Miguel ha un problema. Da quando è morto suo padre, sua madre è caduta in depressione, si consola con l'alcol, ogni mattina prende l'autobus e va in città, dove si prostituisce per racimolare un po' di soldi, quanto basta per un paio di pasti al giorno. Miguel trascorre le giornate rincorrendo i turisti che arrivano al paesino per visitare la Sierra. Ogni sera riesce a portare a casa qualche moneta.
Un giorno si ferma a guardare un bambino che tira calci a un pallone, contro un muro. Si avvicina e gli chiede se può giocare anche lui. Il bambino lo guarda e, pur non capendo la sua lingua, gli fa di sì con la testa. Dopo un po' arriva un signore in giacca e cravatta e dice al bambino che devono andare, o almeno così crede Miguel, visto che il bambino prende la palla e lo saluta. Miguel si avvicina all'uomo e tende la mano aperta, con il palmo rivolto verso l'alto. Il signore esita un istante, poi fruga nelle tasche e tira fuori due monete. Miguel sorride e lo ringrazia.

Tobias si allaccia le scarpe ed esce di corsa, in direzione del parco giochi. I suoi amici lo stanno aspettando. Come sempre, lo spediscono in porta. Tobias non protesta, l'eccitazione per il viaggio al di là dell'oceano è ancora viva. Non era mai successo prima che suo padre abbinasse a un viaggio di lavoro una vacanza famigliare. La visita ai campi della multinazionale per cui lavora era durata solamente un paio di giorni, il tempo di verificare che il progetto di sperimentazione di biocombustibili e nuovi semi geneticamente modificati avanzasse come previsto. Poi avevano trascorso due settimane alla scoperta delle bellezze storiche e naturali di quel paese lontano.
Tobias prende posto tra i pali e ripensa al viaggio, alle balene, alle spiagge dorate e a quelle costruzioni antiche fatte con pietre enormi. Pensa a quel bambino con gli occhi scuri e sottili. Chissà cosa starà facendo in quel momento, si domanda. Se fosse lì al parco gli chiederebbe di giocare in porta al posto suo. E allora sì che potrebbe far vedere a tutti quanto è bravo.

2 commenti:

  1. Ciao Diego ho letto volentieri il tuo racconto, leggero (non nel contenuto, ma nella forma) e spiritoso.
    Il "buonismo" della seconda parte è ampiamente riscattato dalla "sana (e soprattutto reale) cattiveria" dell'ultima frase!
    Ciao Dora

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